A fronte di questi dati scoraggianti bisogna anche segnalarne alcuni positivi: è il caso ad esempio del Veneto e dell’Emilia Romagna. In queste due regioni infatti dai contratti intermittenti è scaturito nel 36% dei casi un nuovo impiego, nel 48% dei casi a tempo indeterminato e nel 39% a tempo determinato. Bastano questi dati per “promuovere” la riforma Fornero? Probabilmente no, dato che nel complesso si assiste, dopo nove mesi dalla sua entrata in vigore, a un aumento dei precari e dei disoccupati. Da un parte infatti ha pesato la riduzione delle tutele assicurate dall’articolo 18, dall’altro le difficoltà legate all’utilizzo di forme contrattuali diverse. Dal contratto di apprendistato che doveva essere l’asso nella manica non si é ottenuto tanto, al punto che prima della Fornero se ne attivavano di più.
Intanto gli ammortizzatori sociali sembrano essere sempre di più delle chimere, si parla della data del 2017 e quello che rimane, almeno per adesso, è la sensazione che le belle aspettative sulla carta, come la volontá di istituire rapporti di lavoro più stabili, siano rimaste tali solo nero su bianco.